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La Caremma: tradizione e memoria popolare del Salento

Aprile 18th, 2025 Posted by Curiosità 0 thoughts on “La Caremma: tradizione e memoria popolare del Salento”

Tra le tante tradizioni che raccontano l’anima autentica del Salento, ce n’è una che, nonostante il passare del tempo, continua a incuriosire e affascinare: è la Caremma – o Quaremma, come viene chiamata in alcune zone. Un’usanza antica, dalle origini incerte e misteriose, che ogni anno torna a manifestarsi tra i balconi e i davanzali delle case salentine con un fantoccio dalla figura inconfondibile. Se hai visitato il Salento nel periodo che precede Pasqua, siamo certi che l’hai vista anche tu.

Descrizione della Caremma

La Caremma viene rappresentata come una donna anziana, nell’aspetto e nell’abbigliamento. Il suo viso espressivo segnato dal tempo e dalla sofferenza è incorniciato da un copricapo, fedelmente alle usanze popolari.

Questo fantoccio è simbolo della penitenza, sacrificio e riflessione che caratterizzano il periodo che intercorre tra la fine del Carnevale e l’inizio della Quaresima. Questo legame è intrinseco al suo stesso nome: pare che il termine “Quaremma” derivi dal francese “Carême” ovvero Quaresima (una traccia linguistica che s’intreccia con il folklore e la devozione, dando vita a un rito che mescola sacro e profano).

Un simbolo ricco di significati

La Caremma ha sempre un fuso e un filo di lana nella mano destra, simbolo del tempo che scorre, e nella mano sinistra tiene una marangia (un’arancia amara). Dentro, vengono infilate sette penne di gallina, una per ogni domenica che separa la Quaresima dalla Pasqua, e ogni settimana se ne toglie una.

L’arancia amara, con il suo sapore pungente, rappresenta la rinuncia, il digiuno, il dolore: sentimenti che caratterizzano questo periodo dell’anno liturgico. E quando la Settimana Santa arriva, la Caremma ha terminato il suo filo, le penne sono finite, e la marangia è secca. È il momento in cui il pupazzo, rimosso dal balcone, viene esposto su un palo o appeso a un filo. Allo scoccare delle campane che annunciano la Resurrezione, viene bruciato: un rituale di purificazione e liberazione, un segnale di festa e rinascita.

Tra mito e cultura popolare

La Caremma è da sempre anche un’espressione della cultura contadina e popolare. Un tempo la si vedeva comparire per le strade o sui pali della luce il Mercoledì delle Ceneri, perché fosse ben visibile a tutti: un richiamo collettivo all’inizio del digiuno e della moderazione, anche a tavola (non si mangiavano carne, uova o formaggi).

Solo nella Settimana Santa si iniziavano a preparare i dolci pasquali, tra cui spicca la Cuddhura, una torta circolare con uova sode nel guscio.

L’aspetto del pupazzo, secondo alcune teorie, nasconde una curiosa associazione: il fuso che tiene in mano richiama il mito delle tre Parche dell’antichità classica, in particolare Cloto, che filava il destino degli uomini. E la sua immagine, a tratti inquietante, serviva anche a esorcizzare le paure più profonde: la fame, la carestia, la morte.

 

Ancora una volta, è importante preservare la tradizione, continuare a mantenere viva un’usanza che permette di tutelare il patrimonio culturale e popolare pugliese.

Se non l’hai ancora fatto, vieni a visitare il Salento nel periodo che precede Pasqua. Noi, nel frattempo, ti aspettiamo nel nostro ristorante.

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